E Dio disse... e vide che era cosa buona

Da L'eleganza del riccio di Muriel Barbery, Parigi, Ed. Gallimard, 2006:

«La rivelazione avvenne quando, a cinque anni, la prima volta che andai a scuola, fui sorpresa e spaventata nel sentire una voce che si rivolgeva a me e pronunciava il mio nome. [...]. Renée. Ero proprio io. Per la prima volta notavo gli occhi chiari e il sorriso sulle labbra, si apriva un varco verso il mio cuore e, dicendo il mio nome, stabiliva con me una vicinanza verso il mio cuore di cui fino ad allora non avevo avuto neppure sentore. [...]. A torto crediamo che il risveglio della coscienza coincida con l'ora della nostra prima nascita, forse perché è l'unica condizione vitale che sappiamo immaginare. Ci sembra di aver sempre visto e sentito e, forti di questa convinzione, identifichiamo con la venuta al mondo l'istante decisivo in cui nasce la coscienza. Il fatto che per cinque anni una bambinetta di nome Renée, meccanismo percettivo di azione dotato di vista, udito, olfatto, gusto e tatto, abbia potuto vivere nella totale inconsapevolezza di se stessa e dell'universo smentisce questa teoria sbrigativa. Perchè la coscienza per manifestarsi ha bisogno di un nome.» (p. 35-36)

Confrontare con cap. 1 e 2 della Genesi e riflettere sul potere creativo del nominare.

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