Sull'adeguatezza e sul desiderio

«Quale congruenza tra un Claesz, un Raffaello, un Rubens e un Hopper? L'occhio, senza dover cercare, vi trova una forma che innesca la sensazione dell'adeguatezza, perché essa appare a tutti come l'essenza del Bello, senza varianti né riserbo, senza contesto né sforzo. Ora, nella natura morta con limone, un'opera che non si può ridurre solo alla maestria dell'esecuzione, un'opera che fa sgorgare la sensazione dell'adeguatezza, la sensazione dell'è così che doveva essere disposta, un'opera che permette di avvertire la potenza degli oggetti e delle loro interazioni, di cogliere con lo sguardo la loro solidarietà e i campi magnetici che li attirano o che li respingono, il legame ineffabile che li intreccia e genera una forza, quell'onda segreta e inesplicata che nasce dagli stati di tensione e di equilibrio della rappresentazione - in questa opera che, dunque, fa sgorgare la sensazione dell'adeguatezza - la disposizione degli oggetti e delle pietanze raggiungeva l'universale nel particolare: l'atemporale della forma adeguata.» (L'eleganza del riccio, p. 196)

Vedi Platone: adeguatezza = armonia?
Vedi anche Ficino e l'estetica del Rinascimento.

Qui, invece, è Schopenhauer (La spinta passionale, il desiderio, è indirizzata verso l'astratto; l'arte è indirizzata verso l'astratto, come godimento intellettuale)!:

«Ma quando guardiamo una natura morta, quando ci deliziamo di una bellezza che non abbiamo perseguito e che porta in sé la raffigurazione glorificata e immobile delle cose, godiamo di ciò che non abbiamo dovuto bramare, contempliamo ciò che non è stato necessario volere, amiamo ciò che non è stato necessario desiderare. Quindi la natura morta incarna la quintessenza dell'Arte, la certezza del senza tempo, perché essa raffigura una bellezza che parla al nostro desiderio ma è generata dal desiderio altrui, perché si accorda al nostro piacere senza entrare in nessuno dei nostri piani, perché si dona a noi senza che ci sforziamo di desiderarla. Nella scena muta, senza vita né movimento, si incarna un tempo privo di progetti, una perfezione strappata alla durata e alla sua logora avidità - un piacere senza desiderio, un'esistenza senza durata, una bellezza senza volontà. Giacché l'Arte è l'emozione senza desiderio.» (L'eleganza del riccio, p. 198)

Dunque, Platone (ma solo reminiscenza, senza anamnesi) + Schopenhauer? Intuizione senza desiderio?

Criterio estetico inadeguato per l'arte del Novecento. Pensa al Cubismo: la disarmonia bellissima di Picasso!
≠ Nietzsche: recupero del dionisiaco per ritrovare l'equilibrio con l'apollineo.
≠ Benjamin: l'opera d'arte non ha più un valore assoluto nell'era della riproducibilità della tecnica.

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